venerdì 28 settembre 2007

Land Rover Freelander 2

Land Rover Freelander 2 - Che la seconda generazione della Freelander non si sia imborghesita troppo si capisce sin dal primo sguardo. Il corpo vettura è tonico, ben sollevato da terra neanche stesse facendo le flessioni, con un’altezza minima di 210 mm. La carrozzeria ha messo su una taglia buona: la lunghezza è ora di quattro metri e mezzo spaccati, 50 mm più della sua progenitrice, mentre la larghezza e l’altezza aumentano rispettivamente sino a 1.910 mm (+ 109 mm) e 1.740 mm (+ 32 mm).

L’abitacolo è sulla stessa lunghezza d’onda, con una plancia sagomata a colpi di righello. Le sue forme squadrate trasmettono un senso di grande solidità che trova poi per buona parte conferma anche quando si va a toccare con mano la componentistica. Tutto ha un’aria robusta e solo la parte superiore della consolle centrale potrebbe essere realizzata con plastiche meno croccanti o almeno più spesse. Un peccatuccio tutto sommato veniale, così come la scelta di sostituire le classiche maniglie sul pannello portiera con piccoli incavi che ricordano gli appigli artificiali da freeclimbing. A far dimenticare queste sviste provvede comunque la corretta distribuzione dei comandi sulla plancia.

Le motorizzazioni attese per il mercato italiano sono due. A fare la parte del leone nella raccolta ordini sarà il turbodiesel 2.2 TD4 costruito a quattro mani dal gruppo Ford (nella cui orbita si trova la Land Rover) e da quello PSA. Già provato in versione biturbo sulla C5 e sulla 407, questo motore adotta qui una singola turbina a geometria variabile per esaltare il rendimento ai bassi regimi piuttosto che agli alti. Il risultato sono una coppia massima di 400 Nm a 2.000 giri e una potenza di 160 cv a 4.000, che assicurano una velocità massima di 181 km/h, un tempo di 11,7 secondi nello 0-100 e una percorrenza media di 13,3 km/litro.

Le prime consegne inizieranno a gennaio ma il listino è già stato diffuso dalla Land Rover. I livelli di allestimento sono quattro. Apre le danze quello base, chiamato E e disponibile solo con il motore turbodiesel a 30.800 euro. Della sua dotazione fanno parte tra le altre cose, sette airbag, l’antifurto perimetrale, il sinto-lettore CD, i cerchi in lega da 16", il clima manuale, la chiave elettronica e il controllo elettronico della stabilità, integrato dall’HDC, che gestisce la velocità nelle discese, e dal sistema antiribaltamento Roll Stability Control.

Per rispettivamente 40.600 e 45.800 euro si possono invece acquistare le 2.2 TD4 e 3.2 i6 HSE, che mettono in più sul piatto sedili rivestiti in pelle e dotati di bracciolo (quello di guida con memoria), cerchi da 18", fari bi-xeno e inserti in legno sulla plancia. Per gli incontentabili c’è comunque un ricco menù di accessori, tra cui spiccano il navigatore satellitare (2.070 euro) e il tetto apribile (1.340 euro).

giovedì 20 settembre 2007

Nissan X-Trail 2008

Nissan X-Trail 2008 - Il design cambia ma senza grandi stravolgimenti, tanto che la nuova X-Trail è facile da confondere con la precedente. Una Suv squadrata, con un a linea di cintura tirata con il righello ad angolo zero, senza troppi ghirigori estetici, pratica e per certi versi elegante. Cambia molto senza però troncare con il passato, anche se ogni pannello della carrozzeria è nuovo. Un po’ per non tradire le richieste della numerosa clientela della X-Trail originale, già molto soddisfatta del vecchio modello e poco incline a sostituirlo con una nuova versione troppo diversa; un po’ per stimolare la loro voglia di ricambio mantenendo alto il valore dell’usato, operazione più difficile con un modello troppo diverso.

Le novità estetiche più importanti sono nei fari anteriori, ora più "tecnici" e su richiesta anche con lampade allo Xeno; nei paraurti più marcati, sia anteriori sia posteriori; nella griglia con maglia a nido d’ape più larga; nelle nuove luci di coda che avvolgono il lunotto, nelle luci del terzo stop e della retromarcia collocate diversamente, e nel taglio del terzo finestrino laterale, a forma di gigantesca D maiuscola, giusto per snellire un po’ la fiancata.

Cresce anche la qualità, soprattutto quella dei materiali. Abbondano le plastiche morbide al tatto, sparse a piene mani su ogni superficie, mentre la doppia tonalità di colore, più scura nella parte bassa, aggiunge eleganza all’insieme. Abbondano inoltre vani portaoggetti e portabicchieri, e tra i sedili anteriori c’è anche un comparto refrigerato.

Il sistema lavora in sinergia con tutti gli altri sistemi di controllo elettronico, tra cui ESP (controllo stabilità), TCS (controllo di trazione), Abs ed EBD (ripartitore di frenata), e con i due sistemi di assistenza nei percorsi ripidi: USS (Uphill Start Support) per facilitare le ripartenze nelle salite con pendenze superiori al 10%, e DDS (Downhill Drive Support) che frena l’X-Trail in modo che non superi la velocità di 7 km/h nelle discese più ripide. Sia quando è inserita la prima marcia, sia in retromarcia.

Tutto nuovo invece il 2.0 litri a benzina, sviluppato interamente da Nissan, con bialbero a camme in testa, 16 valvole, 141cv (104 kW) a 6.000 giri, 196 Nm di coppia a 4.400 giri, ma con il 90% già disponibile dai 2.000 giri. La velocità max è di 184 km/h con un tempo di 11,1 sec nel 0-100 km/h e 8,7 litri/100 km nel ciclo combinato. A benzina anche il più prestante dei motori disponibili, il 2.5 litri da 169cv (124kW) a 6.000 giri, 233 Nm di coppia a 4.400 giri, con cambio CVTC (variatore continuo di fase), 194 km/h, 9,8 sec nel 0-100 e 9,6 l/100 km di consumo medio.

Per i diesel si parte dai 30.300 euro della 2.0 dCi da 150cv e passando dai 33.100 della LE si sale a 31.700 per la SE da 173cv fino a 34.500 della LE. I benzina invece hanno un prezzo unico per singola motorizzazione: 28.100 la 2.0 litri da 141cv (solo SE) e 37.050 la 2.5 da 169cv (solo LE).

mercoledì 19 settembre 2007

Daihatsu Materia

Daihatsu Materia - Inevitabile partire dall’involucro. La forma e lo stile si inseguono in un gioco continuo di poche curve di raccordo e linee squadrate, in ossequio al dettato cubista che postula la scomposizione del tutto a forme geometriche. Materia è anche il titolo di un dipinto di Boccioni. Solo che qui non ci sono ritratti della madre scomposti secondo raffinate tecniche pittoriche. Impossibile guardare la Materia e non notare l’estremismo. Un cubo con quattro ruote intorno. Bella, brutta, originale, sgraziata trèschic? Qui il bipolarismo diventa davvero senza centro.

I nostri occhi vedono il gioco stilistico della Materia cominciare bene, con un musetto corto corto, quasi tenero e schiacciato, da furgoncino Bedford anni 80, che contribuisce ad allargare il portamento dell’auto, e con un sorriso che si spalanca sotto i due fari multifocali. Che, per inciso, fanno bene il loro vero lavoro, anche nelle statali buie. Poi arriva il parabrezza, dritto come la Mini di Issigonis e le macchine di un tempo. Di qui parte il volume abitativo, definito come quello di un container. Con i finestrini che da fuori sembrano piccoli, mentre dall’interno non lo sono.

Forse al posteriore sorge qualche dubbio. Viene giù dritto che sembra un cubo di tonno tagliato da un coltello da sushi. Solcato, molto in basso, da una striscia riflettente che dichiara le generalità dell’auto e unisce i fanalini piccolini e un filo orientaleggianti, posti agli angoli estremi. Forse troppo vistosa? In compenso l’apertura del portellone si spalanca come quella di un traghetto e arriva, quasi, all’altezza delle suole, insieme a tutte le soluzioni per innalzare il livello di versatilità e abitabilità tipiche del dna Daihatsu.

Ci riferiamo al passo che, con i suoi 2,54 metri su una lunghezza complessiva di 3,80 metri, regala ruote agli angoli estremi del cubo. Da una parte una sensazione di auto ben piantata a terra. Dall’altra massimo sfruttamento dello spazio. La larghezza di 1,69, poco più dell’altezza di 1,64 metri dipingono dimensioni cresciutelle parlando di Daihatsu, che ci ha abituato al mini. Il peso, oscillante tra la tonnellata secca e la tonnellata e cento chili, a seconda della versione, ci riporta finalmente ad auto normali. Non ad utilitarie che pesano come ammiraglie di un lustro precedente.

Quella provata non è la versione integrale e non si tratta di una diavoleria elettronica per il fuoristrada. Semplicemente, tutte le Materia con il cambio automatico, a 4 rapporti a gestione elettronica con overdrive, sono dotate di un sistema che ne ottimizza la gestione riducendo le cambiate sui percorsi in pendenza, al fine di ridurre i consumi di carburante. Che nella nostra prova si sono assestati attorno ai 13-15 km con un litro di verde in un ciclo davvero combinato, con autostrada, salite, stop and go e ingorghi. A proposito, il serbatoio contiene solo 40 litri, buoni per usi urbani meno se si affrontano trasferte. Se proprio si desidera il cambio manuale i rapporti sono cinque.

Per viaggiare tranquilli il cubo con la D sul cofano offre oltre ad ABS e EBD, airbag anteriori e laterali, con quello anteriore del passeggero disinseribile al giro di una chiave, se trasportate un bambino con seggiolone. Palloni gonfiabili a tendina e controllo di stabilità VSC sono disponibili solo con l’allestimento top e su questo punto sapete come la pensiamo: i tempi sono maturi perché tali sistemi siano di serie su tutte le auto in qualsiasi versione.

Il listino parte dai 13.770 euro della base (SHO) con il milletre per finire a 17.170 con il millecinque automatico in allestimento top (HIRO). Il clima non manca a nessuna, come i cerchi in lega da 15 pollici per una volta anche eleganti (ad eccezione dell’allestimento d’accesso che monta i copricerchi di plastica). Vetri fumé e stereo con Cd di serie su tutte, come altri gadget utili e indispensabili: dal sedile posteriore scorrevole reclinabile e frazionabile (unica eccezione di nuovo la base col motore piccolo) specchi e vetri elettrici anteriori e posteriori e fari fendinebbia. E molto altro. Senza contare la garanzia di tre anni/100.000km.

Su una Materia tanto originale il ruolo delle cromie contribuisce, e molto, al raggiungimento dell’effetto voluto. Quella della nostra prova, di un blu fin troppo elegante attira già molte attenzioni. Ma, secondo noi, a questo punto meglio osare: il nero per giocare a fare gli agenti FBI, mentre il bordeaux sta bene nei paesaggi bucolici e autunnali. Scelta trendy il verde mela metallizzato, per chi vive nella city e vuole essere originale a tutti i costi. Bianca? Per portare il latte o da accoppiare con l’iPod. C’è anche grigia, per i più dotati.

martedì 18 settembre 2007

Ford Fiesta 2006

Ford Fiesta 2006 - Come tutte coloro che d’un tratto scoprono le prime rughe, anche la Fiesta punta prima di tutto a rinverdire il suo sex appeal. La via più breve è un trucco più marcato sul viso, con due fari che si trasformano in due occhioni più languidi, una nuova griglia anteriore, un nuovo paraurti e una nuova presa d’aria inferiore. Il profilo guadagna una modanatura mentre il posteriore diventa più attraente con un paraurti di nuova foggia dotato di catarifrangenti circolari integrati e gruppi ottici posteriori più moderni, con elementi circolari come vuole la moda attuale.

Da sola però la strategia del colore potrebbe non bastare, lo sanno bene in Ford. E con la concorrenza che c’è in giro meglio dare qualcosa in più piuttosto che rischiare di perdere il confronto con modelli più giovani e più sexy. L’arma in questi casi è una sola: la tecnologia, inserita come la punteggiatura di Totò: in abbondanza, sempre per il discorso di cui sopra. La nuova Fiesta è così la prima cittadina con ingresso per lettore MP3 portatile (il più noto è l’iPod). Non solo.

Fiore all’occhiello è anche il sistema Voice Control Bluetooth (optional a 250 euro) che consente di scegliere a voce le stazioni radio preferite, attivare il lettore di CD, impostare la temperatura del climatizzatore automatico, eseguire telefonate scegliendo direttamente dalla rubrica del proprio cellulare. Motori e sicurezza restano gli stessi di sempre, tutti Euro 4. Ovvero: quattro motori a benzina (1.2 da 75cv; 1.4 da 80cv; 1.6 da 100cv e 2.0 da 150cv) e due diesel (1.4 da 68cv e 1.6 da 90cv) e sei airbag, compresi quelli laterali e a tendina, struttura a deformazione programmata, pedaliera collassabile, Abs con Ebd (sistema elettronico di ripartizione della frenata) e controllo della stabilità ESP con Eba (sistema elettronico di assistenza alla frenata) per il capitolo sicurezza.

Fiesta quello di ingresso, dal quale con aggiunte varie si passa alla versione Ghia, tutta eleganza ed esclusività, e alla Titanium, più impostata all’hi tech. Dalla Titanium poi si sviluppano le versioni S e ST, le più sportive. Con la Fiesta sono di serie l’impianto radio ad alta fedeltà, la chiusura centralizzata, il servosterzo, airbag anteriori e Abs con Edb, la plancia bicolore e lo schienale posteriore sdoppiato. La Titanium aggiunge i paraurti in tinta con la carrozzeria, fendinebbia, computer di bordo, alzacristalli elettrici one touch down, cinque abbinamenti interni, cechi da 16" e chiave con telecomando. La Ghia in aggiunta alla Titanium ha gli airbag laterali, mascherina con cornice cromata, specchietti elettrici e riscaldati, accensione automatica dei fari e sensore pioggia, radio stereo CD, volante in pelle, climatizzatore e chiusura centralizzata.

Sono la sorpresa e la ragione del successo Fiesta in Italia. Per ora non cambiano e la Nuova Fiesta avrà gli stessi listini della versione precedente. Che tradotto vuol dire un prezzo d'attacco di 10.650 Euro (Iva inclusa) per la Fiesta 1.2 benzina da 75cv 3 porte, facilmente riducibile a meno di 10.000 con i vari sconti e promozioni ancora in atto, o di 13.500 euro per la versione Fiesta 1.6 TD 90cv 5 porte. Per la Titanium è sufficiente aggiungere 200 euro alla Fiesta, mentre per la Ghia si parte da 12.900 e si sale fino a 15.750 per la 1.6 TD 90cv 5 porte. S e ST sono solo tre porte.

venerdì 14 settembre 2007

Hyundai Getz 2005

Hyundai Getz 2005 - Per scoprirle davvero tutte, è necessario mettere due Getz di differente generazione a confronto. La differenza più facile da percepire sta nei paraurti che ora hanno una fascia scura antiurto ben integrata e decisamente più stylish rispetto agli inserti spezzettati della prima serie. L’operazione pulizia continua con un nuovo cofano motore e fari più moderni e affilati. Anche in coda cambiano le luci, divise ora in due grandi settori che continuano le linee del portellone. Pochi tocchi, ma la Getz è più moderna e gradevole.

Le differenze più corpose della nuova Getz sono quelle meno difficili da vedere, nascoste sotto il nuovo cofano. Per chi preferisce la benzina verde, oltre al motore 1.1 12 valvole da 66 cavalli per 150km/h, la Getz è ora disponibile con un nuovo 1.4 sedici valvole a benzina da 97 cavalli e 170 km/h, abbinabile anche a un cambio automatico a quattro marce (900 euro). Per i fan del gasolio, la nuova Getz porta in dote un nuovo motore quattro cilindri, un common rail 1.5 con turbina a geometria variabile da 88 cavalli per 173 km/h. I consumi dichiarati sono da bicicletta, 22,2 km/litro nel ciclo combinato e più di 18 in città. La versione a gasolio si riconosce per lo spoilerino sopra il lunotto e, in arrivo entro il 2006, c’è anche una versione sportiva del 1.5 CRDi, con 110 cavalli.

I prezzi sono interessanti, considerando che per il lancio è previsto uno sconto di 1200 euro e, non cumulabile, 1800 euro di contributo rottamazione per la vecchia auto. Per la minima delle Getz, la 1.1 Like 3 porte si spendono 9870 euro, per una 1.4 si passa all’allestimento Active per 12.570 euro e la minima delle Getz a gasolio, la 1.5 CRDi Style, costa 12.770, 13570 per la 1.5 CRDi Active. Per le due porte posteriori si devono aggiungere 450 euro e 300 per la vernice metallizzata. I tre anni di garanzia con chilometraggio illimitato sono compresi nel prezzo.

giovedì 13 settembre 2007

Nissan Murano

Nissan Murano - Non vi fate ingannare dalla Murano: non è né così piccola quanto sembri né così furgonata quanto le dimensioni lascino pensare. Sul primo punto vi ricrederete subito appena dovrete affrontare un mini-trasloco o quando riuscirete a caricare comodamente due bici senza smontare le ruote. Veicolo da carico a dispetto della sua linea sportiva che, scongiurando l’effetto cubo, sminuisce le dimensioni che, invece, sono importanti. A dispetto anche dello stile sportivo dell’abitacolo, del tutto simile nell’impostazione a quello della 350Z.

Sul tema spazio a bordo, la Murano è davvero imbattibile nella sua praticità, con il sistema di ribaltamento dei sedili posteriori come ciliegina sulla torta: si tirano due leve ai lati del bagagliaio e, oplà, i sedili si lanciano in avanti creando un vano lungo e piatto. Ed è anche molto confortevole, un po’ spartana all’americana in alcuni dettagli, come la strumentazione a fondo giallo e i pannelli delle porte (sono meglio rifiniti quelli della Micra, tanto per rimanere in famiglia) ma sicuramente piacevole. Mancano alcuni dettagli a cui siamo abituati noi automobilisti europei, come i sensori per luci e tergicristalli e altri gadget ormai imprescindibili su un’auto da 46.350 euro come la Murano. Un altro esempio viene dal climatizzatore, potente ed efficace anche con clima sahariano ma privo di regolazione separata per pilota e passeggero.

Che la Murano sia la sorellona della 350Z, ci si rende conto anche in movimento. Il sei cilindri non ha il rombo entusiasmante della 350Z, ma produce un rombo felino e morbido, compagno di viaggio di cui non ci si stanca mai. Abbinato al cambio a variazione continua, forma una coppia ideale. Grazie agli infiniti rapporti del cambio, si viaggia veloci e in grande souplesse sempre sotto i duemila giri, con i 160 tachimetrici raggiunti a 2500 giri e i 180 km/h a 3000 giri. Ci si accorge che il cambio è CVT quando si preme a fondo sull’acceleratore, con l’ago del contagiri che schizza verso la zona rossa, ma sono condizioni rare: il tremila ha energia e souplesse da vendere e il più delle volte è inutile accanirsi sull’acceleratore per effettuare sorpassi.

Un bel giocattolone, rilassante e che unisce il piacere di guida alle esigenze famigliari. Attento anche alle esigenze di portafoglio: con un litro di verde si riescono a percorrere anche 8 km/litro, niente male per un tremila con ruote da mezzo movimento terra e la sezione maestra di un traghetto. Più o meno quanto consumano colleghe SUV diesel di buona stazza e, con il prezzo del gasolio molto vicino a quello della benzina, la Murano non è più una scelta così esotica.

mercoledì 12 settembre 2007

Nissan Micra C+C

Nissan Micra C+C - Da aperto a chiuso, e viceversa, in 22 secondi netti. Il tetto è montato, in un'isola di lavoro appositamente attrezzata nella fabbrica inglese di Sunderland, da Karmann che ha giusto un filo di esperienza nel far perdere la testa alle auto (il Maggiolino Cabriolet degli anni 50, per esempio, era di Karmann, così come l’attuale New Beetle). Veloce e facile per chiunque: è sufficiente tenersi sotto i 5 km/h e premere un pulsante sul tunnel centrale, senza doversi preoccupare di azionare blocchi e sblocchi manuali.

Anche il bagagliaio non ha nulla da invidiare a quello di una berlina. Più lunga della Micra di 72 millimetri (380 centimetri in totale) e con l’abitacolo più corto, la C+C offre una vera Piazza d’Armi per i bagagli. A tetto chiuso, lo spazio disponibile arriva a 457 litri, diviso in due da una tendina orizzontale che delimita lo spazio disponibile a tetto aperto, pari a 255 litri (quattro in più rispetto alla Micra berlina). Anche in configurazione cabriolet, l’accesso al bagagliaio è comunque facile.

Ai due motori sono abbinati due allestimenti. Sport per la Micra C+C 1.4, con airbag frontali e laterali, climatizzatore manuale, autoradio con lettore cd, 6 altoparlanti e comandi al volante, specchi riscaldabili e regolabili elettricamente, chiusura con telecomando, computer di bordo, cerchi in lega da 15 pollici e fendinebbia.

Audi A4 e S4 Cabriolet 2006

Audi A4 e S4 Cabriolet 2006 - Il resto della carrozzeria mantiene il solito aplomb, frutto di linee tese, semplici e pulite, con una linea di cintura molto alta. D’altra parte le cabrio Audi sono sempre state tra le più eleganti sul mercato. E tra quelle che invecchiano meglio. Basta ripensare alla vecchia 80 cabrio nata quindici anni fa su un progetto già datato, che mantiene ancora oggi la signorile eleganza di un vecchio cappotto di buona fattura. Anche la rinnovata A4 non sfugge alla regola. Forse c’è poco spazio per le emozioni, ma sembra davvero adatta a tutte le occasioni: per la prima a teatro come per una sgroppata serale sul lungolago col vento tra i capelli.

Più limitati i cambiamenti nell’abitacolo, con i soliti quattro posti comodi (la superficie di seduta lunga, il supporto lombare regolabile, le regolazioni millimetriche), interni di qualità che miscelano con sapienza materiali pregiati (come le modanature in noce o in betulla venata), ergonomia (strumenti e comandi sono in posizione rialzata in modo da rientrare nel campo visivo di chi guida), design e la consueta cura nell’assemblaggio. Capote elettrica d’ordinanza (si apre e si chiude in 21 secondi e può essere azionata anche in movimento fino a 30 km/h) e un bagagliaio degno di questo nome completano il quadro (246 litri con capote ripiegata e 315 senza).

Anche gli aspetti legati alla sicurezza hanno ricevuto la dovuta attenzione. Nel malaugurato caso di incidenti la A4 può contare su raffinati sistemi di protezione dei passeggeri. Oltre alla già citata "batteria" di airbag fanno capolino uno specifico sistema di protezione dagli urti laterali e, soprattutto, punto sempre critico per le auto senza tetto, un sistema di protezione attiva in caso di ribaltamento con due staffe estraibili dietro i sedili posteriori. Qualcuno si ricorda ancora le linee delle vecchie cabrio deturpate dal roll bar? Il progresso ha portato con se più charme e anche più sicurezza....

Un Diesel su una cabrio? Il Gruppo Volkswagen fu uno dei primi a osare l’inosabile, proponendo l’accoppiata "vento nei capelli e ticchettio negli orecchi". Ma quello che sembrava un azzardo era solo una brillante intuizione e oggi, anche altri, facendo finta di niente, si sono adeguati. Del resto se dieci anni fa i 90 cv dei primi TDI potevano lasciare spazio a qualche perplessità, già l’A4 ante-restyling poteva contare su un nobile 6 cilindri da 163cv, mica bruscolini. Per fare onore al look più grintoso di questa nuova release, in casa Audi hanno rilanciato la sfida con il nuovo 3.0 TDI, sempre con 6 cilindri ma con gli innovativi iniettori piezoelettrici.

Non da meno, comunque, anche la scelta di propulsori alimentati con la vecchia ma pur sempre valida benzina. Le due novità sono a iniezione diretta, con il marchio FSI e TFSI (combina la tecnologia turbo con quella a iniezione diretta FSI) che stanno diventando l’ennesimo motivo d’orgoglio teutonico. Il 3.2 V6 FSI da 255 cv a 6500 giri (330 Nm a 3.250 giri, 0-100 km/h in 6,8 secondi e 250 km/h) rappresenta il massimo disponibile per gli sportivi, in attesa che arrivi in Italia la versione S4 con V8 da 344 cv a 7.000 giri e 410 Nm a 3.500 giri (250 km/h e 5,9 secondi nel 0-100 km/h).

Per le versioni a benzina si va da un minimo di 37,650 euro per la 1.8 Turbo con cambio manuale (lo stesso prezzo della versione precedente) ai 44.000 euro della 2.0 TFSI con multitronic ma senza trazione integrale, ai 48.000 euro della 3.2 FSI da 255 cv manuale quattro. Icon i diesel si parte dai 39.000 euro della 2.0 TDI 140 cv manuale a trazione anteriore e si arriva ai 47.000 della 3.0 TDI tiptronic quattro. Queste per ora le motorizzazioni disponibili in Italia.

Toyota Rav4 3p D-4D

Toyota Rav4 3p D-4D - Linea e dimensioni, tra l’altro sono di quelle che non stonano nel panorama urbano. Grazie a raggio di sterzata tanto contenuto da fare quasi invidia a un carrello del supermercato e all’ottima visibilità assicurata dalla posizione di guida rialzata, la Rav4 si lascia condurre sin dai primi metri con gran disinvoltura. Ogni manovra negli spazi stretti avviene con l’agilità di un trialista. Con una lunghezza massima che non arriva ai tre metri e novanta, questa Toyota si parcheggia in un fazzoletto, alla faccia della ruota di scorta montata sul portellone.

A confermare la vocazione urbana della Rav4 è anche il motore, un common rail sempre valido nonostante abbia qualche primavera sulle spalle. La sua dote migliore è senza dubbio la prontezza, dote che assicura partenze fulminee ai semafori, complice un cambio rapido, preciso e rapportato sul corto. La voce del turbodiesel nipponico è tuttavia un po’ roca, alla Fausto Leali, e finisce per disturbare un po’ quando si affrontano lunghi trasferimenti autostradali a velocità a costante. Niente di insopportabile, comunque, e facilmente mascherabile alzando un po’ il volume della radio.

Il tutto, tra l’altro, con un assetto che salvaguarda l’incolumità delle vertebre, tanto sullo sconnesso, quanto nel fuoristrada. Eh, già, tra curve e controcurve quasi ce lo si dimentica ma la Rav4 è e resta comunque un jolly pronto a lasciare la retta vita e a inerpicarsi su per sentieri impervi. La Toyota ha scelto una formula semplice, con trazione integrale permanente, differenziale centrale a giunto viscoso e ripartizione automatica della coppia tra i due assi. A chi guida è richiesto solo di scegliere la marcia giusta e di dare gas, indirizzando le ruote là dove serve: più facile di così… La semplicità non impone però alcuna rinuncia.

A far storcere un po’ il naso è poi anche il listino prezzi, anche se ora che la sua carriera sta volgendo al termine (con l'arrivo del nuovo modello, tra l'altro, scomparirà la carrozzeria a tre porte) nelle concessionarie si strappano ottime condizioni. Promozioni a parte, per una Rav4.com Sol occorre stanziare come minimo 28.501 euro, che possono però diventare 34.051 se si aggiungono interno in pelle, tetto apribile, navigatore touch screen e cruise control. La dotazione sarà anche al top, con di serie pure il sistema vivavoce integrato Bluetooth, l’antifurto satellitare e un sensore d’impatto che avvisa una centrale operativa in caso d’incidente ma il conto resta salato.

Maserati Quattroporte

Maserati Quattroporte - Quello che onestamente mi ha più colpito è l’interesse verso la Quattroporte anche dei più giovani. Scontato l’amore per la Maserati da chi ne ha vissuta l’epoca più gloriosa, sorprende che a fare capannello ogni volta che si parcheggia ci siano anche frotte di teenager con jeans d’ordinanza a vita ultrabassa e ragazzini con la cartella in spalla.

Estetica a parte, la Quattroporte è una double face che si può giudicare con diversi metri di valutazione, a seconda del ruolo che si assume: da autista o da pilota (tra i due la differenza c’è, eccome…), oppure da passeggero. Tra tutti, il primo è sicuramente quello che apprezza di meno questa Maserati. Già nei primi metri l’ammiraglia del Tridente fa ben poco per mettere a suo agio chi lavora con il volante tra le mani, rendendo difficile capire gli esatti ingombri, specie nella parte anteriore. Per quanto si cerchi di essere prudenti e di restare a distanza di sicurezza, il muso è sempre più lungo di quel che sembra.

All’autista resta sicuramente indigesto pure il vano bagagli. Il suo volume non è eccezionale e complica non poco la vita a chi deve incastrare le valigie dei passeggeri senza avere conseguito un master in Tetris. Meno complicato di quel che appare è invece il rapporto con il cambio robotizzato DuoSelect a sei marce con funzione automatica. La levetta sul tunnel serve solo per decidere se si vuole marciare in avanti o indietro e anche le levette al volante per la selezione manuale delle marce possono essere scordate, dando piena delega al chip.

Un altro bottoncino magico è quello sottostante, che attiva la modalità Sport riducendo i tempi di cambiata e agisce sul sistema Skyhook, che irrigidisce gli ammortizzatori. In condizioni normali la Maserati adotta una taratura di compromesso ma quando si vuole passare dal trotto al galoppo è meglio avere un assetto più duro, a costo anche di dover sopportare qualche scossone in più e qualche cigolio dalla componentistica.

Il V8 4.2, nelle cui vene scorre anche sangue Ferrari, è una vera forza della natura. Nonostante la Quattroporte non sia un peso piuma, con i suoi 1.860 kg a secco, assicura prestazioni degne delle sportive più accreditate. I numeri salienti parlano di 400 cv, di 451 Nm, di 5,2 secondi nello 0-100 km/h e di una punta velocistica di 275 km/h. Il suo crescendo è rossiniano, con una progressione che pare interminabile.

A chi è destinato al divano posteriore fa invece piacere scoprire che oltre il 75% della coppia è disponibile già a 2.500 giri, a tutto vantaggio dell’elasticità e della fluidità di marcia. Gira e rigira, tra tutte le persone che si sono avvicendate sui sedili della Quattroporte durante la sua permanenza in redazione credo che i due più soddisfatti sono stati il fratello di un collega e gentile signora che ho accompagnato all’altare. Il loro giudizio entusiastico è stato un motivo in più per cedere a mia volta il volante e calarmi nei panni del Presidente Ciampi, un habituè del divano della Quattroporte.

In conclusione, se si chiude un occhio sulle percorrenze medie, nell’ordine dei 5 km/litro, questa Maserati è un’auto da cui non ci si separa affatto volentieri. Resta tuttavia un solo dubbio. Quanti tra i potenziali clienti della Quattroporte preferiscono un compromesso di lusso come questo a due scelte ben distinte, con da una parte una berlina di rango e una sportiva "vere"? Provate per gioco a vedere nei listini quali accoppiate si realizzano con a disposizione 112.101 euro…

Honda Civic 2006

Honda Civic 2006 - In ogni caso anche gli scettici dovranno riconoscere alla Honda il merito e il coraggio di aver disegnato qualcosa veramente nuovo. E questo non è poco. Lo stile della Civic è futuristico tendente allo spaziale. Il taglio è a cuneo, con un muso corto e sfuggente e una linea di cintura che sale svelta fino alla coda, alta e massiccia. A chiudere il tutto ci sono pannelli che svolgono il tema del lunotto in due tempi, intervallati da una sorta di nervatura che funge anche da spoiler.

Tra le altre chicche che catturano l’attenzione vi sono le maniglie. Quelle anteriori, in puro stile Mazinga Z, troneggiano fiere in mezzo alla fiancata. Quelle posteriori, all’opposto, fanno di tutto per mimetizzarsi nella cornice del finestrino, ridotto ai minimi termini da un montante atletico e proteso in avanti a dare slancio alla linea. Il risultato complessivo ha anche un qualcosa di sportivo, complice la presenza molto discreta delle porte posteriori che regalano alla Civic un aspetto quasi da coupé. L’impressione è che la Civic sia più compatta di quello che in effetti non è, lunga 425 cm, larga 176 e alta 146.

Gli assemblaggi sono realizzati con la tipica cura nipponica mentre sul fronte materiali vale il detto che non è tutto oro (o alluminio, in questo caso) quello che luccica. Il bocchettone di rifornimento, le modanature alla base del cambio e sulle razze del volante sono in fatti in ben più plebea plastica. I tecnici Honda hanno badato molto pure alla versatilità d’impiego. Così come già sulla Jazz, la seduta del divano si può sollevare e permette di caricare dietro il pilota o il suo secondo oggetti alti fino a 102,5 cm.

La gamma della nuova Civic si articola su tre motori, due a benzina e uno a gasolio. La motorizzazione d’accesso è un 1.400 abbinabile a un cambio manuale o uno robotizzato i-SHIFT, sempre a sei marce. Questo quattro cilindri eroga 83 cv a 5.700 giri e che ha una coppia massima di 119 Nm a 2.800 giri. La velocità massima che garantisce è di 170 km/h mentre lo scatto da 0 a 100 richiede 14,6 secondi con il cambio manuale e 16,1 con quello robotizzato.

Questo tipo di cambio, sempre a sei marce, è per il momento l’unico abbinabile al turbodiesel, che eroga a sua volta 140 cv ma a 4.000 giri e che dispone di una coppia massima di 340 Nm a 2.000 giri. La velocità massima è anche qui di 205 km/h, con un tempo cronometrato nella prova 0-100 di 8,6 secondi e con una percorrenza media di 19,6 km/litro.

A tutto ciò la Sport aggiunge i cerchi in lega (da 16" per la 1.4, da 17" per la 1.8 e la 2.2), il volante in pelle, i fendinebbia, i sensori pioggia e crepuscolare, l’antifurto e, solo per le due motorizzazioni di punta, il cruise control.

Il listino esatto non è ancora definito. Per il momento si sa che la nuova Civic, dopo il passaggio sotto i riflettori del Motorshow, arriverà nelle concessionarie all’inizio del nuovo anno, con l’eccezione delle versioni 1.400 attese su strada verso la metà del 2006. Le prime indiscrezioni sui prezzi parlano tuttavia di un cifra attorno ai 19.500 euro per la 1.8 Comfort e di 21.500 euro per la 2.2 con lo stesso allestimento.

Opel Astra e Zafira OPC

Opel Astra e Zafira OPC - Il primo tocco che distingue una Opel OPC è lo stile, più aggressivo ma senza esagerazioni rispetto alle Opel da famiglia. Astra e Zafira OPC hanno le griglie a nido d’ape e il paraurti anteriore bucato nella parte bassa da una grande bocca di ventilazione, affiancata da due fendinebbia tondi.

All’interno, l’intervento OPC si vede soprattutto per i sedili Recaro con sostegni sportivi ai lati ben evidenti e per i soliti dettagli che caratterizzano le versioni sportive, come il volante tre razze dalla corona spessa e rivestita in pelle, la strumentazione OPC e il pomello del cambio in alluminio, in questo caso dalla forma piuttosto inusuale. La Zafira ha tre combinazioni cromatiche per l’interno.

Dopo il lancio del motore è meglio pensare anche a come tenere a bada la bestia e a come fermarla se necessario. L’assetto di Astra e Zafira OPC è stato ribassato di 15 millimetri rispetto alle versioni normali con cerchi da 18 pollici gommati 225/40 ZR 18. Astra e Zafira adottano supporti delle barre antirollio con minor attrito e maggior precarico, oltre alle sospensioni attive CDC governate dal sistema IDPlus (IDPlus2 per la Zafira, con un software evoluto), insieme all’Abs e ai controlli elettronici di stabilità ESP, di trazione TC e di controllo logico del sottosterzo UCL. Il sistema IDPlus ha due soluzioni, Comfort e Sport, che cambiano le regolazioni degli ammortizzatori, dello sterzo e del pedale dell’acceleratore (by-wire).

Astra OPC costa 31.000 euro mentre la Zafira OPC costa 33.000 euro. I prezzi comprendono tutta la dotazione OPC, dai sedili Recaro alle sospensioni CDC con IDSPLus e cerchi da 18 pollici, oltre ad airbag frontali, laterali e a tendina, specchi regolabili e riscaldabili elettricamente, climatizzatore automatico e radio con lettore Cd e sei altoparlanti.

Volkswagen Polo 1.4 Automatica

Volkswagen Polo 1.4 Automatica - Alla Volkswagen si risparmiano la manfrina e puntano decisi su un automatico vecchia maniera, con quattro marce e un bravo convertitore di coppia. Si tratta di una scelta senza compromessi ma che non delude, complice l’ottimo affiatamento con il motore 1.400 a benzina. Chi individua il partener ideale per una trasmissione automatica in un turbodiesel spesso ha ragione ma questo proulsore Volkswagen è un’eccezione alla regola.

Le dimensioni generose dell’abitacolo e il comfort sono degni di un’auto di categoria superiore. Solo alle velocità di crociera autostradali si avverte una certa rumorosità ma ce n’è comunque abbastanza per fare della Polo automatica un’ottima compagna per viaggi anche a medio e a lungo raggio. Nella zona posteriore c’è tanto spazio per le gambe e anche chi ha proporzioni da trampoliere non è costretto a contorsionismi. Inoltre le cinque porte assicurano una buona accessibilità e il bagagliaio, con i suoi 250 litri di capacità, permette una discreta versatilità d’impiego.

La sua costituzione è comunque sana e robusta. La qualità percepita resta ai vertici della categoria. Tutto ha un aspetto solido e l’apparenza trova ampie conferme quando ci si infila senza troppi riguardi sul pavé e non si avvertono cigolii fastidiosi. L’unico appunto che si può fare all’interno, assolutamente soggettivo, è di tipo estetico. Linee un po’ meno austere non guasterebbero alla plancia ma la Polo è così anche a livello di carrozzeria, con l’aria un po’ imbronciata di quei ragazzini delle famiglie bene, vestiti da ometti per le feste comandate.

Mazda MX-5

Mazda MX-5 - L’evoluzione dello stile, innanzitutto, merita il massimo voto. Che sia una MX-5 non risono dubbi: in Mazda è stata scelta la via della tradizione scartando disegni più moderni, decisamente riusciti, ma meno legati al fascino da spiderina inglese che la MX-5 si porta dietro dalla prima serie. Bandite le rievocazioni rétro, la MX-5 ha uno stile moderno ma proporzioni classiche con la classica vita stretta nella vista dall’alto, cofano lungo e bagagliaio corto. Un grande classico che funziona sempre.

La MX-5 rimane fedele anche al tetto in tela, spartano, facile da aprire dal posto di guida con un gesto semplice e veloce (sei secondi, dichiara Mazda): si sgancia il blocco centrale e si tira all’indietro, come per gettarsi il sale dietro alle spalle per scaramanzia. Altrettanto facilmente si chiude, sempre senza bisogno di slacciarsi la cintura di sicurezza. Forse il comfort sarà inferiore alle coupé/cabriolet, ma la bilancia premia la formula classica: il tetto in lamiera e tutti i leveraggi e i servocomandi necessari al suo funzionamento pesano dannatamente e, si sa, il peso è nemico giurato della guida sportiva.

L’abitacolo è essenziale, quasi spartano, con plastiche da utilitaria. Le alette parasole sembrano ricavate da vassoi di McDonald’s, le finiture alluminio sono in realtà di plastica e nulla è concesso al lusso. Semmai alla praticità, con un vano portaoggetti da 5,7 litri davanti al passeggero e tre vani dietro i sedili, di cui quello centrale con serratura. Meno capace il bagagliaio, adatto a due sacche morbide e nulla più. Se badate alla forma più che alla sostanza, uscite dal concessionario Mazda e pensate a qualche puntuto marchio tedesco che sposa una differente filosofia.

Senza strafare, gli ingegneri di Mazda si sono accontentati di far fermare l’ago della bilancia a quota 1155 chilogrammi, circa 10 kg in più rispetto alla MX-5 seconda serie, limando peso dappertutto. Più acciaio altoresistenziale fa diminuire il peso della scocca di 10 chilogrammi pur aumentando la rigidità del 47%, il blocco in alluminio del motore vale altri 5,4 kg in meno, la barra stabilizzatrice anteriore cava fa risparmiare altri 2,4 kg, quanto i nuovi collettori di aspirazione, in plastica come il coperchio della testa (-1,3 kg).

Doppia scelta per la nuova MX-5, ma qui di gasolio non se ne parla proprio. La scelta è tra un milleotto da 126 cavalli a 6500 giri con 167 Nm a 4500 giri e un duemila da 160 cavalli a 6700 giri con 188m a 5000 giri. Velocità massima rispettivamente di 196 e 210 km/h, ma per la MX-5 conta di più il tempo sullo 0-100 km/h, 9,4 e 7,9 secondi.

Semplice, spartana, terribilmente chic, oltre che sportiva di razza. Vi aspettate un prezzo spartano o terribilmente di razza? Onesta nella sua formula WYSIWYG (i più informatizzati lo sanno: what you see is what you get, cioè quello che vedi è quello che ottieni) la MX-5 è onesta anche nel prezzo: per assicurarsi una MX-5 1.8 base sono sufficienti 21.400 euro, inclusi airbag frontali e laterali, cerchi in lega da 16 pollici, specchi regolabili e riscaldabili elettricamente, radio con Cd singolo e quattro altoparlanti, chiusura con telecomando e 5 anni di garanzia. Vale forse la pena spendere 2.260 euro in più per l’allestimento Mid che porta in dote, tra l’altro, il climatizzatore automatico, il DCS con TCS, i fendinebbia, capote in tessuto vulcanizzato (e non in vinile),volante e freno a mano rivestiti in pelle.

Una volta tanto non mi vedete scrivere che il posto di guida è troppo alto: quello della MX-5 è perfetto, quello che tutte le sportive dovrebbero avere, ottenuto senza regolazioni in altezza del sedile. È basso, spalmato sul pavimento, per consentire la posizione più comoda (ma quando guardate la TV non vi sdraiate anche voi sul divano?) e più sportiva, per sentire le reazioni del telaio senza interferenze. Come diceva Niki Lauda, "l’auto si guida col kulo"…

Stare al volante della MX-5 è una posizione naturale come quella fetale e tutti i comandi fanno in modo che questo incanto non si incrini. Il volante a tre razze di giusto diametro, la leva del cambio che sparisce stretta nella mano destra, la pedaliera in alluminio ben spaziata. Unico neo, il portalattine ricavato nella tasca della portiera: sporge proprio dove ci si appoggia con la coscia nelle curve, facendo un po’ male. Ma agli americani i portalattine piacciono tanto…

Dopo qualche curva per mettere alla prova la nuova MX-5 mi accorgo di quanto si disimpari a guidare con le altre auto moderne, troppo facile e spesso troppo sterilizzate. Con la MX-5 si devono seguire tutte le regole della guida sportiva, pena dover far lavorare il DSC o attaccarsi all’ottimo impianto frenante, potente, instancabile e facile da dosare per tenersi lontani dal ciglio della strada. I limiti sono elevati e anche i meno esperti hanno margine per imparare le regole auree della guida.

Sul sovrasterzo, poi, e il relativo controsterzo, la MX-5 rivela la sua anima da giocattolo e gli eterni bambini al volante non perderanno occasione per divertirsi un po’. Dal posteggio del supermercato alla rampa dei box, ogni occasione è buona per mettere la MX-5 di traverso e esibirsi in numeri da Holiday on Ice, senza preoccuparsi troppo: la MX-5 è una compagna leale anche in queste occasioni, paziente anche verso i piloti meno smaliziati. Vivaddio esistono ancora auto vere.

I cavalli ci sono tutti, nessuno lo mette in dubbio, ma la cavalleria è un poco pigra ai bassi regimi e non si scatena davvero se non dopo i 4500 giri. Se volete andare forte e sfruttare tutti i 160 cavalli, siete costretti a portare spesso la mano destra sulla leva del cambio; se vi piace andare al passo, vi trovate costretti a scalare anche un paio di marce per sorpassi veloci. Le sei marce, poi, sono più difficili da trovare delle cinque del milleotto e meno veloci da inserire.

Lexus IS 2006

Lexus IS 2006 - Ora la palla passa dunque a quelli del marketing, dopo che designer e ingegneri hanno finito per benino il loro lavoro confezionando una berlina che di classico ha più che altro le proporzioni tra i tre volumi. Per il resto le linee sono moderne, con un forte legame genetico con quelle della recente GS. La IS e la sorella maggiore sono accomunate dalla sagoma sportiveggiante, vagamente a cuneo, con il frontale che scende rapace sull’asfalto, una fiancata alta e una coda corta e massiccia.

Si tratta di un risultato notevole, anche perché, metro alla mano, la nuova IS segna un importante aumento delle dimensioni. La lunghezza e la larghezza crescono rispettivamente di 175 e 75 mm e misurano nell’ordine 4.575 e 1.800 mm. In rialzo anche il passo (2.730 mm, + 60 mm) e le carreggiate (1.545 mm quella anteriore, + 40 mm, e 1.535 mm quella posteriore, + 60 mm).

Il primo equipaggia la IS 250 ed è un inedito V6 da 2,5 litri ad iniezione diretta di benzina D-4 con doppio variatore di fase Dual VVT-i. Questo motore è abbinato esclusivamente a un cambio automatico a sei marce e gestione elettronica adattiva AI-SHIFT, con funzione sequenziale gestibile tramite levette al volante. La potenza massima è di 208 cv a 6.400 giri, con un picco di coppia di 252 Nm a 4.800 giri. La IS 250 scatta da 0 a 100 km/h in 8,4 secondi e tocca una punta velocistica di 225 km/h, con una percorrenza media di 11 km/litro.

Due sono pure gli allestimenti previsti. A fare da denominatore comune c’è un abitacolo realizzato con cura esemplare. La qualità di materiali e la precisione degli assemblaggi è, come tradizione Lexus, ai vertici della categoria. Lo stile è ricercato anche se gli stilisti hanno speso più fantasia nel disegno dei pannelli portiera che in quello della plancia, disegnata con linee semplici e pulite. Più suggestiva è la strumentazione Optitron, con illuminazione che può variare colore a seconda del numero di giri o della velocità.

L’allestimento base è ottenibile solo con il motore 2.2 D-CAT a un prezzo di 32.500 euro. La sua dotazione è già piuttosto ricca e comprende cerchi in lega da 17", 10 airbag (tra cui quelli per le ginocchia del pilota e del passeggero, che può contare anche su un cuscino frontale a V di nuova concezione), climatizzatore automatico bizona, cruise control e l’abituale stuolo di dispositivi elettronici di sicurezza, che sono gestiti in modo corale dal VDIM, preposto alla gestione integrata della dinamica della IS.

La versione top si chiama non a caso Luxury ed è proposta a 37.900 euro con il motore turbodiesel e a 41.000 euro spaccati con il V6 2.5 a benzina. Rispetto a quello base, qui l’equipaggiamento si arricchisce di fari bixeno autodirezionanti, sensori di parcheggio anteriori e posteriori, sensore pioggia, regolazione elettrica dello sterzo, inserti in radica e tendina parasole posteriore. Sulla IS Luxury è inoltre di serie il pacchetto Leather (pelle per chi non ha dimestichezza con l’inglese), offerto a 3.000 euro per la versione base.

Su tutta la gamma è disponibile invece come accessorio a 4.000 euro il Multimedia Pack, che comprende il navigatore satellitare, il sistema di comunicazione integrata Bluetooth a comando vocale, uno stereo Mark Levinson con amplificatore da 300 W e 14 diffusori in grado anche di riprodurre DVD sullo schermo del navigatore e una telecamerina posteriore che sullo stesso schermo mostra cosa accade dietro l’auto in manovra.. Il tetto apribile è ottenibile solo come complemento delle versioni 220d Luxury dotate di Multimedia Pack, oppure, sulle 250, all’interno dell’esclusivo Comfort Pack che alla bella cifretta di 4.500 euro propone, oltre al tetto, il cruise control adattivo e il Pre Collision System.

martedì 11 settembre 2007

Opel Astra 2.0 Turbo

Opel Astra 2.0 Turbo - La loro presenza fa assurgere il tastino Sport al centro della plancia al ruolo di bacchetta magica, capace di trasformare una già vivacissima berlina in una sportiva terribilmente efficace quando si suona la carica e si parte al galoppo. Sinceramente non ho guardato bene: forse assieme al giubbino con strisce catarifrangenti nella dotazione c’era anche il vestito da Mago Merlino… ma anche senza travestimento l’incantesimo funziona. Il bottone dà all’elettronica che governa le sospensioni, lo sterzo, la motricità, la stabilità e il motore l’ordine di rendere tutto più sportivo e la musica cambia, eccome.

I 200 puledri da corsa accettano di buon grado di tirare all’occorrenza il carretto, anche se carico all’inverosimile. Il picco di coppia viene dichiarato dalla Opel a 4.200 giri ma la spinta è vigorosa anche ai regimi più bassi. Questo due litri non è nemmeno lontano parente di quei vecchi turbo vuoti sotto e pronti a un certo punto a sferrare un calcione nelle terga proiettando guidatore e compagnia bella in avanti.

Motore a parte, la versatilità dell’Astra passa anche attraverso un abitacolo a dimensione di famiglia, nonostante la linea sia più grintosa di quella di molte concorrenti. La posizione di guida è praticamente perfetta, con regolazioni ampie e comandi ben disposti, ma anche dai passeggeri è assai improbabile che arrivino lamentele. Lo spazio abbonda in ogni direzione, le buche sono filtrate con disinvoltura e anche a velocità di crociera elevate si riesce a conversare con un tono di voce da confessionale.

Neppure il bagagliaio non delude. I 350 litri promessi non sono pochi e sono ben sfruttabili, grazie alla forma regolare del vano. Una soglia di carico più bassa e più larga non avrebbe disturbato, anzi, ma si tratta di un peccatuccio veniale. Alla fine ci si lamenta solo quando si devono stivare le valigie delle vacanze, certo non quando si va a fare la spesa al supermercato.

Saab Cabrio 150 e 210 cv

Saab Cabrio 150 e 210 cv - Difficile ripetere le forme e il carattere dell’antesignana ma, nel corso degli anni e delle generazioni, la Saab Cabriolet si è evoluta rafforzando sempre più l’idea originaria, quella della scoperta da tutti i giorni. E, con la terza generazione, la Saab Cabriolet ha guadagnato anche un telaio con una rigidità degna di tale nome in grado di sfruttare la potenza turbocompressa dei suoi motori.

È un motore ideale per la 9-3 cabrio, dal funzionamento vellutato e signorile. Spinge bene dai 2000 giri in su e tira finché ha fiato: potrebbe avere un poco più di coppia tra 1000 e 2000 giri, per garantire una guida senza stress, con sorpassi facili senza scalare le marce. Si abbina molto bene al telaio della 9-3 cabriolet adatto alla guida soft-brillante, adatto a chi guida con piacere e senza rabbia.

2.0T Aero Turbo e Aero sono paradigmi indissolubili dal marchio Saab. La versione di punta della 9-3 Cabriolet non si fa mancare né la grande potenza di un turbo cattivo né l’assetto sportivo. Il turbo è cattivo ma sa anche essere docile, distribuendo la sua coppia motrice anche ai regimi più bassi, con riprese pronte e facili. Spinge poi forte fino alla zona rossa quando si vogliono sostituire le prestazioni alla souplesse di guida.

Peugeot 206 1.6 HDI

Peugeot 206 1.6 HDI - Il motore della nuova generazione HDI, frutto della collaborazione tra gruppo PSA (Peugeot-Citroen) e Ford, è un millesei diesel common rail HDI con turbocompressore Garrett GT15 a geometria variabile, intercooler aria/aria e iniezioni multiple (sei). La cavalleria non manca: 110 cavalli (80 kW) a 4000 giri e 240Nm a 1750 giri. Per prestazioni quasi da sportiva: 190 km/h e 9,9 secondi per lo 0-100 km/h.

Il gioiellino sotto il cofano non è regalato: rispetto alle stesse versioni 206 con motore HDI 1.4 o 2.0 costa 1.750 euro in più, per un prezzo base di 15.900 euro per la 206 XS HDI 1.6 16V tre porte. Prezzo che include airbag frontali, alzacristalli elettrici, cerchi in lega da 15", climatizzatore manuale, computer di bordo, controllo antisbandata ESP, retrovisori regolabili elettricamente, sedili anteriori sportivi, tergicristalli semi-automatici e fendinebbia.

L’assetto sportivo con cerchi da 16" della GTI, l’unica versione disponibile per la prima prova su strada, consente di sfruttare bene le doti velocistiche dell’HDI, sempre molto preciso e affidabile in ogni condizione. Difficile mettere in crisi la 206 1.6 HDI e anche l’ESP ha una taratura esemplare: interviene quando proprio serve e concede ampi limiti alla guida sportiva. I sedili sportivi, poi, trattengono bene nelle curve sia i magri sia i più polposi, pur essendo comodi per tutti.

È molto brillante, ma molto regolare nel traffico quanto nella guida sportiva. Se non si ha voglia di correre e se si vuole smanettare il meno possibile con il cambio, la 206 1.6 HDI è una ottima compagna di traffico, docile e pronta a rispondere al volo quando serve lo scatto per svicolare nel traffico. E, nel traffico, si apprezza la qualità con cui è costruito l’abitacolo della 206, con materiali che molte piccole nemmeno si immaginano.

Hyundai Tucson

Hyundai Tucson - Le linee della carrozzeria sono tese e filanti. La fisionomia tradisce chiaramente la discendenza dallo stesso ceppo etnico della Santa Fe ma l’evoluzione della specie regala alla Tucson un aspetto più snello, come se alla definizione del suo disegno avesse dato una mano anche un dietologo. L’elemento più personale resta il frontale, solcato da due nervature che mimano le forme di un bull-bar e proseguono fino alla base del parabrezza, dando espressività al volto della Hyundai.

Il paraurti anteriore ha un’aria molto massiccia, mascherata solo in parte dalle ampie prese d’aria. Tutta la parte inferiore dalla Tucson ha comunque un qualcosa di ruspante. L’elevata altezza da terra, i passaruota e le modanature sottoporta oversize fanno sembrare questa coreana ben più fuoristradistica di quanto in effetti non sia. Gli stessi vertici della Casa la chiamano "road suv" confermando, se ce n’era bisogno, che il suo pane quotidiano sono le strade asfaltate o, al limite, quelle sterrate.

Quanto all’abitacolo, sorprende l’abitabilità posteriore. Lo spazio per le gambe è davvero molto abbondante e, regolando l’inclinazione dello schienale, chi viaggia sul divano può avere la sensazione di viaggiare su una chaise longue. Al punto che verrebbe quasi voglia di assumere un autista e di accomodarsi dietro. Neppure chi sta davanti ha comunque molto da lamentarsi. I sedili non hanno una seduta molto estesa ma sono comodi e ben profilati.

La Hyundai ha dato il via alle vendite proprio questa settimana. A comporre la gamma sono quattro versioni, due a benzina e due turbodiesel, con le prime alla base e al top del listino e le seconde a comporre la fascia intermedia. La Tucson d’accesso è la 2.0 16V Active, venduta a 22.100 euro mentre la versione di punta è la 2.7 V6 Dynamic a cambio automatico, dal costo di 27.300 euro. A fare la parte del leone nelle vendite sono però chiamate le Tucson a gasolio, spinte dal turbodiesel 2.0 CRDi già montato anche dalla Santa Fe. I livelli di allestimento sono sempre Active e Dynamic, offerti rispettivamente a 24.500 e 26.300.

La due litri a benzina dispone di 142 CV e di 184 Nm. La velocità massima è 174 km/h mentre i 100 possono essere toccati 11,3 secondi dopo la partenza. Nella stessa prova il tempo ottenuto dalla 2.7 V6 è di 10,2 secondi. Questo grazie ai suoi 175 CV e ai 241 Nm di coppia massima, che le consentono anche di arrivare ai 180 km/h.

A giustificare il maggior esborso richiesto per l’allestimento Dynamic vi sono l’interno in pelle, i cerchi in lega maggiorati, il clima automatico e le modanature laterali. Contrariamente a quanto accade di solito, qui è la versione "povera" ad avere i paraurti i tinta mentre quella più elegante è bordata in plastica grigia. Per la 2.7 V6 si segnala inoltre la presenza anche dell’Esp.

Una volta seduti al posto di guida ci si sente come di vedetta. Il sedile è ben rialzato e consente di avere un’ottima visuale sulla strada, oltre che di manovrare bene negli spazi più angusti.
eXTReMe Tracker