mercoledì 19 settembre 2007

Daihatsu Materia

Daihatsu Materia - Inevitabile partire dall’involucro. La forma e lo stile si inseguono in un gioco continuo di poche curve di raccordo e linee squadrate, in ossequio al dettato cubista che postula la scomposizione del tutto a forme geometriche. Materia è anche il titolo di un dipinto di Boccioni. Solo che qui non ci sono ritratti della madre scomposti secondo raffinate tecniche pittoriche. Impossibile guardare la Materia e non notare l’estremismo. Un cubo con quattro ruote intorno. Bella, brutta, originale, sgraziata trèschic? Qui il bipolarismo diventa davvero senza centro.

I nostri occhi vedono il gioco stilistico della Materia cominciare bene, con un musetto corto corto, quasi tenero e schiacciato, da furgoncino Bedford anni 80, che contribuisce ad allargare il portamento dell’auto, e con un sorriso che si spalanca sotto i due fari multifocali. Che, per inciso, fanno bene il loro vero lavoro, anche nelle statali buie. Poi arriva il parabrezza, dritto come la Mini di Issigonis e le macchine di un tempo. Di qui parte il volume abitativo, definito come quello di un container. Con i finestrini che da fuori sembrano piccoli, mentre dall’interno non lo sono.

Forse al posteriore sorge qualche dubbio. Viene giù dritto che sembra un cubo di tonno tagliato da un coltello da sushi. Solcato, molto in basso, da una striscia riflettente che dichiara le generalità dell’auto e unisce i fanalini piccolini e un filo orientaleggianti, posti agli angoli estremi. Forse troppo vistosa? In compenso l’apertura del portellone si spalanca come quella di un traghetto e arriva, quasi, all’altezza delle suole, insieme a tutte le soluzioni per innalzare il livello di versatilità e abitabilità tipiche del dna Daihatsu.

Ci riferiamo al passo che, con i suoi 2,54 metri su una lunghezza complessiva di 3,80 metri, regala ruote agli angoli estremi del cubo. Da una parte una sensazione di auto ben piantata a terra. Dall’altra massimo sfruttamento dello spazio. La larghezza di 1,69, poco più dell’altezza di 1,64 metri dipingono dimensioni cresciutelle parlando di Daihatsu, che ci ha abituato al mini. Il peso, oscillante tra la tonnellata secca e la tonnellata e cento chili, a seconda della versione, ci riporta finalmente ad auto normali. Non ad utilitarie che pesano come ammiraglie di un lustro precedente.

Quella provata non è la versione integrale e non si tratta di una diavoleria elettronica per il fuoristrada. Semplicemente, tutte le Materia con il cambio automatico, a 4 rapporti a gestione elettronica con overdrive, sono dotate di un sistema che ne ottimizza la gestione riducendo le cambiate sui percorsi in pendenza, al fine di ridurre i consumi di carburante. Che nella nostra prova si sono assestati attorno ai 13-15 km con un litro di verde in un ciclo davvero combinato, con autostrada, salite, stop and go e ingorghi. A proposito, il serbatoio contiene solo 40 litri, buoni per usi urbani meno se si affrontano trasferte. Se proprio si desidera il cambio manuale i rapporti sono cinque.

Per viaggiare tranquilli il cubo con la D sul cofano offre oltre ad ABS e EBD, airbag anteriori e laterali, con quello anteriore del passeggero disinseribile al giro di una chiave, se trasportate un bambino con seggiolone. Palloni gonfiabili a tendina e controllo di stabilità VSC sono disponibili solo con l’allestimento top e su questo punto sapete come la pensiamo: i tempi sono maturi perché tali sistemi siano di serie su tutte le auto in qualsiasi versione.

Il listino parte dai 13.770 euro della base (SHO) con il milletre per finire a 17.170 con il millecinque automatico in allestimento top (HIRO). Il clima non manca a nessuna, come i cerchi in lega da 15 pollici per una volta anche eleganti (ad eccezione dell’allestimento d’accesso che monta i copricerchi di plastica). Vetri fumé e stereo con Cd di serie su tutte, come altri gadget utili e indispensabili: dal sedile posteriore scorrevole reclinabile e frazionabile (unica eccezione di nuovo la base col motore piccolo) specchi e vetri elettrici anteriori e posteriori e fari fendinebbia. E molto altro. Senza contare la garanzia di tre anni/100.000km.

Su una Materia tanto originale il ruolo delle cromie contribuisce, e molto, al raggiungimento dell’effetto voluto. Quella della nostra prova, di un blu fin troppo elegante attira già molte attenzioni. Ma, secondo noi, a questo punto meglio osare: il nero per giocare a fare gli agenti FBI, mentre il bordeaux sta bene nei paesaggi bucolici e autunnali. Scelta trendy il verde mela metallizzato, per chi vive nella city e vuole essere originale a tutti i costi. Bianca? Per portare il latte o da accoppiare con l’iPod. C’è anche grigia, per i più dotati.

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