
Andare a zonzo con questa Mitsubishi è un esperienza che ha ben pochi uguali. Per quanto addomesticata, questa Mitsubishi resta un’auto da corsa: il suo temperamento è scorbutico e il motore ruggisce a ogni carezza sul pedale dell’acceleratore. Già al primo giro di chiave, dal trombone si scarico esce un rumore cupo, sordo e sinistro che ammonisce su quel che si può aspettare affondando con decisione il piede destro.
Come un cobra, la Lancer inizia a sibilare, solleva un po’ il muso e schizza in avanti con una forza inaudita. Il tutto

Muoversi nel traffico dà quindi poca soddisfazione, anche perché la frizione non è leggerissima e bastano un po’ di giorni da pendolare per tonificare a dovere la muscolatura della gamba sinistra. Anche il cambio, cosa strana per una giapponese, non è esattamente un burro e gli innesti sono secchi ma leggermente contrastati. In manovra ci mette del suo anche lo sterzo, che è precisissimo e leggero in velocità ma che lamenta un diametro di volta eccessivo. In un rally si potrà anche rimediare alla cosa facendo il pendolo o lavorando di fino con il freno a mano, ma per parcheggiare sotto casa questi sistemi si rivelano ben poco pratici.
In autostrada la Lancer fa un figurone. Ai fatidici 130 km/h il motore si dimostra tutto sommato silenzioso e trotterella proprio poco sopra i famigerati 3.000 giri.

Tirando il collo alla Evo VIII, sembra di viaggiare nell’iperspazio: tutto avviene in modo rapido e le manovre devono essere precise e puntuali. Il posteriore reagisce alle variazioni di carico in modo un po’ violento e può prendere alla sprovvista i meno smaliziati e troppo irruenti, allargando repentinamente la traiettoria. Dall’alto del suo ricco palmares, la Lancer gradisce essere trattata con i guanti. Rigorosamente da pilota.
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