Seat Altea 2.0Tdi DSG - Scritte a parte, riconoscere a prima vista la DSG dalle altre Altea è un’impresa impossibile anche per il più abile investigatore, anche se munito della classica lente d’ingrandimento d’ordinanza. Giusto una sbirciatina sul tunnel centrale può svelare il mistero, complice una leva del cambio che ricorda nella forma le manette di comando in uso su barche e aerei.
Se il frontale è personale, la coda non è certo da meno. Ai suoi lati fanno capolino faretti piccoli e molto suggestivi una volta illuminati, che interrompono appena un monopolio di lamiere ricurve. Complice anche il notevole sviluppo verticale, da dietro l’Altea ha dunque un’aria ben tornita, che la fa sembrare saldamente piantata per terra.
I sedili anteriori hanno i bordi ben pronunciati ma anche il divano posteriore è profilato e scongiura l’effetto "panchina dei giardinetti". Le imbottiture sono marcate e individuano chiaramente due posti latarali comodi più uno strapuntino centrale per cui la locuzione "di fortuna" suona come un complimento. La plancia è massiccia, con una consolle corta e tozza che raggruppa in posizione comoda tutti i comandi, ma è rivestita di plastica un po' croccante. La strumentazione è concentrata in tre indicatori circolari, manco a dirlo di stampo piuttosto corsaiolo.
Grazie al lavoro in parallelo delle due frizioni e dei due semicambi, in pratica, è come se l’innesto di una marcia fosse contemporaneo al disinnesto dell’altra precedentemente inserita. Ciò consente di tenere la trasmissione sempre in presa e di assicurare una spinta costante. Per trovare una conferma delle buone sensazioni ricavate basta dare uno sguardo al cronometro nelle prove di accelerazione. Lo 0-100 viene liquidato in 9,8 secondi, un decimo in meno di quanto fatto segnare dalla versione manuale e senza alcun impegno o alchimia particolari. Basta pestare giù decisi sull’acceleratore e, volendo, a staccare il tempone pensa la centralina elettronica che cambia da sola i rapporti quando il regime si fa troppo elevato. In barba ai maghi della frizione e della sbracciata rapida.
Una DSG tutto rose e fiori, allora? Sostanzialmente sì, anche se sarebbe forse stato lecito aspettarsi un pochino più di freno motore in rilascio. Non è invece da escludere che in futuro diventino disponibili le levette per selezionare le marce al volante, mentre oggi si deve agire per forza sulla leva centrale quando si opera in modalità sequenziale.
Nessuna sorpresa, invece, dall’eccellente motore TDI, che, con i suoi 140 CV e i 320 Nm di coppia erogati stabilmente tra i 1.750 e i 2.500 giri, risulta addirittura a volte fin troppo vigoroso. Non sono poi così rari i casi in cui l’elettronica deve intervenire a mordere il freno (metafora più che mai calzante) per evitare lunghi e poco salutari pattinamenti delle ruote motrici.
Se il frontale è personale, la coda non è certo da meno. Ai suoi lati fanno capolino faretti piccoli e molto suggestivi una volta illuminati, che interrompono appena un monopolio di lamiere ricurve. Complice anche il notevole sviluppo verticale, da dietro l’Altea ha dunque un’aria ben tornita, che la fa sembrare saldamente piantata per terra.
I sedili anteriori hanno i bordi ben pronunciati ma anche il divano posteriore è profilato e scongiura l’effetto "panchina dei giardinetti". Le imbottiture sono marcate e individuano chiaramente due posti latarali comodi più uno strapuntino centrale per cui la locuzione "di fortuna" suona come un complimento. La plancia è massiccia, con una consolle corta e tozza che raggruppa in posizione comoda tutti i comandi, ma è rivestita di plastica un po' croccante. La strumentazione è concentrata in tre indicatori circolari, manco a dirlo di stampo piuttosto corsaiolo.
Grazie al lavoro in parallelo delle due frizioni e dei due semicambi, in pratica, è come se l’innesto di una marcia fosse contemporaneo al disinnesto dell’altra precedentemente inserita. Ciò consente di tenere la trasmissione sempre in presa e di assicurare una spinta costante. Per trovare una conferma delle buone sensazioni ricavate basta dare uno sguardo al cronometro nelle prove di accelerazione. Lo 0-100 viene liquidato in 9,8 secondi, un decimo in meno di quanto fatto segnare dalla versione manuale e senza alcun impegno o alchimia particolari. Basta pestare giù decisi sull’acceleratore e, volendo, a staccare il tempone pensa la centralina elettronica che cambia da sola i rapporti quando il regime si fa troppo elevato. In barba ai maghi della frizione e della sbracciata rapida.
Una DSG tutto rose e fiori, allora? Sostanzialmente sì, anche se sarebbe forse stato lecito aspettarsi un pochino più di freno motore in rilascio. Non è invece da escludere che in futuro diventino disponibili le levette per selezionare le marce al volante, mentre oggi si deve agire per forza sulla leva centrale quando si opera in modalità sequenziale.
Nessuna sorpresa, invece, dall’eccellente motore TDI, che, con i suoi 140 CV e i 320 Nm di coppia erogati stabilmente tra i 1.750 e i 2.500 giri, risulta addirittura a volte fin troppo vigoroso. Non sono poi così rari i casi in cui l’elettronica deve intervenire a mordere il freno (metafora più che mai calzante) per evitare lunghi e poco salutari pattinamenti delle ruote motrici.
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